Doug MacLeod - Raw Blues vol.1 - Macallè Blues

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Doug MacLeod - Raw Blues vol.1

Recensioni

Il disco raccontato da...

Doug MacLeod

Doug MacLeod

"Raw blues vol. 1"

Sledgehammer Blues Rec. (USA) - 2023

I'm gone/What's been heard maybe ain't been said/Placquemine/Children like you/Unmarked road/Hey bartender/Walking with Mr. Smith
 
Eloquente chitarrista, autore, cantore, interprete, intrattenitore di razza nonché testimone di un'arte antica, con quest'ultimo Raw Blues vol.1, Doug MacLeod torna alla sua più schietta e forse congeniale dimensione acustica e solitaria riconfermandosi come uno dei massimi esponenti contemporanei del blues acustico.
Macallè Blues lo ha nuovamente incontrato per parlare di questo suo ultimo disco.........

 
 
Macallé Blues: Doug, come spesso accade con te, che si tratti solo di una canzone o di un intero album, i titoli stessi suonano evocativi. Allora, partiamo proprio dal titolo di quest'ultimo disco: quel puro e semplice ‘Raw Blues’ dà il senso di un ritorno, un ritorno alla tua natura acustica e solitaria dopo l’accennato allontanamento da questa con il tuo precedente cd in cui eri accompagnato da un piccolo combo talvolta persino elettrico…
Doug MacLeod: sì. Andreas Werner, il produttore dell'album, mi ha semplicemente invitato a sedermi davanti ai microfoni e a suonare. Suona come fai dal vivo, mi ha detto. Suona come quando hai iniziato tanti anni fa, con Mr Ernest Banks nella sua casa di Toano VA. Mi piace pensare che sto suonando un po' meglio adesso di come suonassi allora (sorriso);
MB: il fatto curioso è che mentre hai cambiato casa e città (ndr - dopo anni in California, MacLeod si è recentemente trasferito a Memphis), sembra quasi che tu abbia voluto contestualmente  tornare artisticamente al tuo luogo d’origine….
DML: questa è un’osservazione molto astuta Giovanni. Hai assolutamente ragione. Non fraintendermi, però. Ho trascorso molti anni nell'area di Los Angeles e ho avuto la fortuna di suonare con così tanti grandi artisti come George ‘Harmonica’ Smith, Pee Wee Crayton, Big Joe Turner, Big Mama Thornton per citarne alcuni. Sono stato anche fortunato considerando che gli amanti del genere, a Los Angeles, abbiano accettato una band blues che suonava musica originale nelle sere peggiori della settimana: domenica, lunedì e martedì e, malgrado ciò, abbiano partecipato in massa ai concerti. Grandi fan che hanno tenuto viva la mia musica. Gli sarò sempre grato! E quando ho deciso di intraprendere una carriera solista come artista acustico sono arrivati in massa per supportarmi in in questa mia nuova veste. E, di nuovo, dunque sono loro molto grato. Ma dopo che i bluesmen più anziani hanno cominciato a morire, ho avvertito un cambiamento; non tanto nel pubblico, quanto nel modo di “sentire” la musica. Frequentavo Memphis da anni per i Blues Music Awards e mi sono sempre sentito a mio agio in questa città. Amo il fiume, la sua storia, l'anima e la grinta di questa città e ne adoro il ritmo. Dunque, mi sembrava giusto trasferirsi qui. Quando mia moglie è andata in pensione, le ho suggerito di venire a Memphis con me e vedere come si sentiva. Un giorno stavamo salendo sull'ascensore fuori dal Downtown Sheraton Hotel guardando il Mississippi e mi ha detto: "Mi piace qui, ci comprerò una casa". E così ha fatto. Patti Joy, mia moglie, è di Dallas; io chiamo casa St Louis, quindi Memphis mi sembrava la giusta via di mezzo. E artisticamente, Memphis è una città che mi parla;
MB: in questo disco sei, ancora una volta, tu solo davanti a un microfono: tu, la tua chitarra resofonica e una manciata di canzoni come compagne di strada…
DML: sì, sono solo io con una chitarra, canzoni e storie. So di incarnare una specie di ritorno ai bluesmen più anziani che usavano solo una chitarra per suonare, spesso slide, e con tante accordature diverse. Ma è così che mi piace. Anni fa un amico mi suggerì di tenere sul palco una chitarra diversa per ogni accordatura. Mi ha detto: "Doug, sarebbe così bello tenere tutte quelle chitarre!". Ho rimuginato su quell'idea per un po', ma poi ho deciso che una chitarra sola per me va bene. Più facile anche da portare in giro. Voglio dire, i vecchi bluesman non avevano bisogno di sei o sette chitarre, usavano solo quella che avevano. Inoltre, per me, avere una sola chitarra sul palco, prima del concerto, con me tutto solo su una sedia la dice lunga. Immagino di essere un ritorno al passato. A proposito, Raw Blues 1 è stato registrato con una sola chitarra e non era una delle mie National. Era la mia Waterloo WL-S Deluxe che chiamo P-Nut;
MB: se non sbaglio, una buona metà del disco è composta da brani tratti da alcuni tuoi album precedenti: “Placquemine” era già stato pubblicato sia in “Ain’t The Blues Evil” che in “Whose Truth, Whose Lies”; "Children Like You" e "Unmarked Road" entrambi si trovano in "Unmarked Road" e "Hey Bartender" in "You can't take my blues". Dato il tuo repertorio incredibilmente vasto, c'è un motivo particolare per cui hai scelto queste canzoni?
DML: bella domanda! Vediamo se riesco a darti una bella risposta (sorride). Beh, è come ha detto Andreas: siediti davanti ai microfoni e suona. Ed è quello che ho fatto! Come puoi sentire, quelle canzoni si sono evolute e questo è evidente dalle versioni presenti in questo album. All'epoca, quelle erano le canzoni che mi venivano in mente. E quella era la versione che mi è venuta in mente. Come ho detto, "Suonerà esattamente così";
MB: a proposito degli inediti inclusi nella playlist, nella canzone di apertura troviamo il Doug spiritoso e divertente che ben conosciamo e una chitarra corposa che suona come un'intera orchestra…
DML: grazie. Quel vecchio bluesman con un occhio solo che era Ernest Banks mi disse: "Ragazzo, quando sei sul palco, devi fare in modo di sembrare più di un solo uomo". Quindi immagino di averlo fatto e immagino di aver reso orgoglioso Mr. Banks. Al tempo in cui suonavo e stavo con i bluesmen più anziani ho imparato quanto fosse importante l'umorismo per affrontare la vita. Come dico spesso nei concerti "Domattina, prima di alzarti dal letto, ricorda di fare su il tuo senso dell'umorismo";
MB: nel seguente “What’s Been Heard Maybe Ain’t Been Said” troviamo, invece, l’altro lato di Doug: quello filosofico…
DML: sì, filosofico e un po' oscuro; un po' come quello con cui ha a che fare il nostro mondo adesso;
MB: l'ultima traccia è uno strumentale chiamato “Walking with Mr. Smith”: qualcosa mi fa pensare che abbia a che fare con uno dei tuoi mentori, George “Harmonica” Smith, giusto? Sembra qualcosa di molto californiano, ma acustico...
DML: ancora una volta hai pienamente ragione. L'intenzione era quella di mostrare l'influenza di George Smith sulla mia musica. Ho adorato il suo fraseggio, il suo senso della melodia, il suo groove e l'uso dello spazio. Inoltre era un grande intrattenitore. Ripenso a quei giorni e mi sento così fortunato per aver potuto stare con lui e imparare da lui. Non solo riguardo alla musica, ma anche alla vita. Non voglio sembrare banale qui, ma immagino che sarò sempre "Walking With Mr. Smith";
MB: alla fine, torniamo da dove è iniziata questa conversazione: il titolo. “Vol.1” ci fa pensare a un futuro e imminente “Vol. 2”: giusto?
DML: questa è un'ipotesi abbastanza sicura Giovanni (sorride). Sì, ci sarà un vol. 2.
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