Andrea Marr - Natural - Macallè Blues

Macallé Blues
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Andrea Marr - Natural

Recensioni

Il disco raccontato da...

Andrea Marr

ANDREA MARR

"Natural"

Only Blues Music Rec. (AUS) - 2017

Force of nature/Rock steady/Mama got it wrong sometimes too/Grateful/That's where love ends/Let's take it to the bedroom/Credit/What do I have to do/Snakes/Real good man/Sticks and stones

Singolare storia quella di Andrea Marr. Nativa dello Sri Lanka ma, ben presto, trapiantata a Melbourne, Australia, pubblica oggi un nuovo disco che la consacra come una delle voci più sferzanti e compiute del panorama internazionale contemporaneo.
Dinamica, energica e fieramente felina, oltre che vibrante vocalist Andrea Marr si rivela autrice di chiaro talento nelle cui canzoni, la scrittura tipica del funk e del soul rinasce a nuova vita grazie anche ad arrangiamenti finemente cesellati, di geometrica, accurata precisione e al supporto di una band coesa e squadrata come quella dei Funky Hitmen.
Nell'intervista che segue, la Marr ci parla proprio di Natural, il suo ultimo e più coeso lavoro discografico.

Macallè Blues: tu possiedi oggi una voce ben matura e sembri conoscere assai bene la storia del R&B e del soul: come hai cominciato a cantare e, tra gli interpreti tradizionali del genere, quali sono quelli che pensi ti abbiano ispirato di più?
Andrea Marr: mio padre era un bassista e cantante jazz e fin da piccola ho cominciato comodamente ad ascoltare musica, considerato che lui e la sua band provavano proprio a casa nostra. Le mie prime influenze sono state Ray Charles, Elvis, Ella Fitzgerald, Sarah Vaughan e Dinah Washington. Più tardi, da adolescente, ho scoperto Aretha Franklin, Tina Turner e Whitney Houston. Poi, ventenne, ho cominciato ad ascoltare Etta James ed è stato allora che mi sono sentita finalmente pronta per cantare. Non ero una cantante da ballads o una crooner e nemmeno mi sentivo una possente diva: ho scoperto, invece, di essere più una soul singer.
Ho esordito cantando nella band di mio padre all’età di diciannove anni, interprendando qualsiasi cosa, da Misty a Mustang Sally, a tutto ciò che stava nel mezzo e che fosse adatto per far ballare la gente. Il pubblico cominciò, così, a chiedermi dischi ma io, fino a quel momento, non avevo mai inciso nulla. Allora decisi di registrare finalmente un disco mio e, così facendo, scoprii che potevo anche scrivere canzoni con una qual certa facilità.
MB: nella tua voce, specialmente in questo tuo ultimo disco, avverto non solo l’energia, ma anche l’ombra lunga di Tina Turner. Consideri anche lei una tua fonte di ispirazione?
AM: la adoro! E, a tal proposito, ho una storia divertente da raccontare: uno dei miei chitarristi e un coautore col quale scrivevo canzoni al tempo dei miei esordi, mi dissero che ero brava a cantare ma che, sul palco, ero piuttosto noiosa e che avrei avuto bisogno di imitare qualcuno che ammiravo davvero per superare ogni imbarazzo e nervosismo. Dunque, cominciai a pensare chi potesse essere, per me, la donna più cool sulla terra. Tina Turner, pensai subito! Impavida, energica, forte. Così cominciai a immaginarla e a immergermi in quel mondo di energia e potenza che da sempre incarna. Inutile dire che lei è l’originale e nessuno potrà mai superarla in questo. Però, per rispondere alla tua domanda, lei è stata un’immensa fonte di ispirazione per me.
MB: in questo tuo nuovo album, la prima cosa che appare davvero chiara è che, malgrado sia fortemente orientato verso le sonorità della Stax e della Motown, il disco non è una mera riproposizione di quell'idioma stilistico. E', anzi, ben evidente un grosso lavoro su questo aspetto, al fine di poter ottenere qualcosa di nuovo grazie, per esempio, ad arrangiamenti davvero freschi, moderni e molto accurati…
AM: penso che sia dovuto al fatto che noi tutti amiamo i suoni Stax, Motown, Alligator, Atlantic e Chess; quelle atmosfere sono state il nostro punto di riferimento, ma noi non ci sediamo mai su qualcosa cercando di copiarlo e basta. Lasciamo soltanto che le canzoni nascano e, così, il dna di quel suono che amiamo tanto, in qualche modo, viene automaticamente trasferito lì dentro.
MB: in 'Natural' c’è una forte componente funky; alcuni arrangiamenti, soprattutto per quanto riguarda la parte dei fiati, ricordano molto James Brown….
AM: certo, chi non ama James Brown?! Io adoro anche i Tower Of Power, Sharon Jones e Gladys Knight e le mie canzoni continuano a nascere ed evolversi proprio nel perimetro di quei suoni. Dice la Bibbia: “Di ciò di cui è pieno il cuore, la bocca parla" o, si potrebbe dire, "canta" in questo caso.
Il merito per gli arrangiamenti dei fiati va tutto a Cam Scott e Stuart Byrne; di questo, loro sono i responsabili.
MB: rispetto ai tuoi precedenti album, 'Little Sister Got Soul' per esempio, qui sembri aver abbandonato il blues, sebbene sia un genere nel quale hai dimostrato più volte di brillare. Questo perché ti senti più affine al soul?
AM: le mie canzoni non sono mai state concepite come ‘blues songs' o ‘soul songs'. Semplicemente le scrivo e poi magari mi accorgo di quante canzoni soul o funky abbia partorito sebbene, per me, tutte conservino sempre un qualcerto sentore di blues. Forse è perché ho inciso questo disco dandogli una connotazione più soul ma, per me, la miscela di blues, soul e funk è sempre la naturale chiave di lettura di tutto.
MB: ora parliamo un po’ della tua band che è veramente una strepitosa band! In 'Natural', sei accompagnata dai Funky Hitmen, un gruppo che è davvero in grado di costruire quel muro di suono che si sposa perfettamente col tuo modo di cantare….
AM: beh, stai parlando di una band con la quale cantare è un vero sogno. Sono musicisti molto disciplinati che non ti sovrastano mai e che lasciano il giusto spazio al canto; questo è ciò che succede con loro. Troppe volte mi è capitato di dover lottare per trovare i miei spazi come cantante perché, in genere, tutti i musicisti tendono un po' a strafare. In questa band, invece, si fa musica tutti insieme. Ovviamente, ci sono degli assolo, ma non in continuazione e il focus è sempre orientato sul canto e sulle canzoni nella loro interezza.
MB: ad eccezione di 'Rock Steady' e 'What Do I Have To Do', che sono le uniche cover incluse in questo disco, tu hai scritto o hai concorso a scrivere tutto il resto del repertorio presente. Sei anche un’abilissima autrice davvero e il disco dimostra chiararmente quest'altro aspetto di te….
AM: grazie molte per averlo sottolineato. Io adoro scrivere e trovo che declinare i miei sentimenti in musica mi permetta di sentire ogni cosa ed essere completamente viva. E’ una grande terapia quando i sentimenti o la sofferenza che provi aiutano altra gente a guarire dalle proprie sofferenze. Ci sono state tante persone che sono venuta da me a dirmi quanto le mie canzoni le avessero toccate nel profondo e questo è uno dei più bei regali che si possano fare a un autore.
Trovo che la fiducia nelle mie possibilità di autrice stia crescendo quindi, può essere che il meglio debba ancora venire.
MB: in questo disco riproponi anche 'Real Good Man', una canzone che era già stata inclusa nel tuo disco precedente 'Little Sister Got Soul', qui però la riproponi con suoni e arrangiamenti ben più ficcanti...
AM: l’ho inclusa perché, con i Funky Hitmen, questa canzone ha assunto un feel completamente nuovo e, inoltre, molta gente al di fuori dell’Australia, non aveva mai ascoltato il mio disco precedente o, addirittura, nessuno dei miei dischi. Così ho pensato che questo nuovo disco, per essere lanciato al meglio nel mondo, avrebbe dovuto cercare di incorporare anche alcuni dei miei brani migliori, registrati nel migliore dei modi.
MB: questo disco è stato registrato in due tempi diversi e in due sessioni differenti. Malgrado ciò, suona davvero molto omogeneo….
AM: ho lavorato proprio tanto su questo aspetto quindi, grazie per essertene accorto! Ho preso le tracce precedentemente incise e le ho rimixate in modo tale che il loro suono non stonasse nel complesso del disco e ho, poi, rimasterizzato l’intero album con un ben preciso suono in mente, mettendo le canzoni nell’ordine che mi pareva più indicato per non interrompere il flusso che avevo in testa.
MB: questo è il tuo quarto album: saresti d’accordo se lo definissi come il tuo disco più gioioso e focalizzato?
AM: sarai sorpreso di sapere che, in realtà, questo è il mio sesto disco; il settimo, se contiamo anche un EP contenente cinque tracce soltanto.
I miei primi due album non li vendo più perché sono quasi dei demo più che veri e propri album. In quei dischi stavo ancora cercando il mio suono e c’era troppa gente che mi diceva cosa fare. Conseguentemente, quelle registrazioni riuscirono molto eclettiche e male assortite, con molta confusione e poca coesione. Watch Me Work It è stato il primo disco che ho prodotto io sedendomi al posto di guida. Da allora, la mia musica ha cominciato a essere apprezzata e ben accetta e ho finalmente trovato la mia dimensione come produttore, ingaggiando i musicisti più giusti per ottenere quello che mi suonava nella testa. Hai ragione: Natural è sicuramente il mio disco più gioioso e compiuto di sempre. Amo la vita, amo fare musica e spero proprio che questo disco possa dare gioia a chi lo ascolta.

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