Beth Hart & Joe Bonamassa Live in Amsterdam - Macallè Blues

Macallé Blues
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Beth Hart & Joe Bonamassa Live in Amsterdam

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BETH HART & JOE BONAMASSA: LIVE IN AMSTERDAM
un film diretto da Philippe Klose
Mascot Rec. - 2014

Nel mondo della musica si incontrano spesso scintille; ma questo connubio tra Beth Hart e Joe Bonamassa parla il linguaggio della fiamma. Epilogo di un proficuo sodalizio artistico consacrato dall'incisione di due buoni dischi, Don’t Explain e See Saw, questo film-concerto rappresenta il compimento di un durevole percorso musicale comune. Oltre l’udito, la vista qui ci guida verso la piena comprensione del fenomeno. Valido per tutti e, a maggior ragione per loro, l'assioma del contesto live quale cartina di tornasole, prova di autenticità e dimostrazione di un legame chimico vivo e potente. Come dire: vedere per credere.
In questo concerto registrato ad Amsterdam nello storico Koninklijk Theater Carré, Bonamassa dirige con impercettibile discrezione, quasi dalle retrovie e in punta di ciglio, un manipolo di straordinari turnisti, mentre la Hart viene colta in tutta la sua ardente, proterva, fisica vocalità. Felice alchimia di due differenti nature: laddove Bonamassa è appunto scintilla, fuoco primigenio, controllato, contenuto nel perimetro di una forma più ragionata, quasi scientifica, la Hart divampa libera, governata e diretta talvolta dal solo vento dell'emozione, talaltra dall’urgenza del testo, dall'intima esigenza della narrazione, dal rivelarsi della canzone stessa dove corpo e voce si fanno anima.
Padrona di uno strumento vocale generoso e preciso, educato a buone dosi di Etta James, Janis Joplin e Tina Turner, la Hart domina la scena sicura. Così, tra i riflessi nasali evocanti Billie Holiday - cantante verso la quale la Hart tenta l’approccio in maniera, invero, un po’ caricaturale -, Them There Eyes apre, con swing, un programma che include molti dei celebri brani presenti nei due dischi citati (Sinner’s Prayer, See Saw, Nutbush City Limits, I Love You More Than You’ll Ever Know, Something’s Got A Hold On Me, etc.), ma concede anche spazio alla Hart intensa cantautrice e pianista, come nell’autobiografica e toccante Love Is The Baddest Blues. Fino al conclusivo tributo a Etta James, sua vera stella polare, con una versione inarrivabile di I’d Rather Go Blind. E Bonamassa, nel suo seppur centrale angolino, con il fare e l’abbigliamento di un bancario, dimostra tutta quanta la sua innata versatilità stilistica. G.R.        


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