Riccardo Piccirillo
Le interviste...
Macallè Blues incontra Riccardo Piccirillo
(per gentile concessione dello stesso)
22 maggio 2018: prima chitarrista; poi, una volta appesa la chitarra al proverbiale chiodo, folgorato dal potere dell'obiettivo, fotografo. Mai dimentico del primigenio amore per la musica però, ha efficacemente unito le due passioni diventando ritrattista di musicisti. Col blues nel cuore, Riccardo Piccirillo sa cogliere, nell'infinitesimo istante di un click, quell'anima peculiare che emerge da chi vive il mondo dei suoni. Del resto, la musica e il blues, hanno avuto i loro, anche famosi, fotografi. Dunque, perchè non intervistarne qualcuno. Così, iniziamo da qui e quella che segue, è la chiacchierata che Macallè Blues ha fatto con lui...
NB: tutte le foto qui presenti, sono opera di Riccardo Piccirillo e sono qui riportate per gentile consessione dell'autore!
Macallè Blues: questa intervista vorrebbe, almeno nelle intenzioni, essere la prima di una serie di interviste dedicate ai fotografi di blues e di musica, più in generale. Ho soltanto un piccolo rimpianto: quello di non aver avuto io questa brillante idea. Una di quelle idee che, quando ti vengono o, come in questo caso, ti vengono suggerite, ti domandi perché non ci avevi pensato tu prima. Quindi, diamo i giusti riconoscimenti e le relative paternità visto che, oltretutto, il suggerimento mi è pervenuto da una conoscenza comune: Angela Megassini, compagna di Fabrizio Poggi, ben noto e, ormai internazionale, uomo di blues. Perché tutto questo preambolo? Perché a esso è legato il motivo per il quale parto da te con queste interviste. Quando Angelina mi ha proposto quest'idea, l'ha fatto citandomi una frase tratta da un tuo post, nella quale suggerivi ai fotografi di musica o aspiranti tali, di acquistare e ascoltare dischi, nonché leggere di musica prima di fotografare perché si nota la mancanza di cultura e passione in troppe fotografie che circolano. Mi è sembrata un'osservazione bellissima e appropriata per quanto vi posso leggere attraverso....
Riccardo Piccirillo: è una bella iniziativa: brava Angelina e bravo tu che l’hai portata avanti. Se non conosci e non ami la musica, non credo che tu possa fare delle buone fotografie.Sono cresciuto negli anni '80 e di molti musicisti ho avuto i dischi e solo le fotografie; nessun video, nessuna possibilità di guardarli dal vivo. Così succede che una fotografia diventa iconica: ha la stessa funzione del disegno che accompagna la favola sui libri per bambini. Porta la fantasia a identificare quel racconto in un’immagine. Ecco, come puoi fotografare un musicista senza esserti prima costruito, nella mente, la sua immagine? Prima di andare a un concerto o di avere una sessione fotografica con un musicista, io mi costruisco nella testa la sua immagine, ascolto la sua musica e penso sempre a come sarebbe giusto fotografarlo. Hai presente quando, ascoltando un pezzo, usi la matita per cantare o la scopa come chitarra davanti allo specchio? Fai questo gesto perché hai perfettamente in testa quale debba essere il gesto giusto in quel preciso istante. Quel gesto lo sa fare bene solo chi si lascia trasportare da quel brano. Puoi essere anche il più bravo fotografo al mondo, ma se non conosci quello che fotografi, allora mancherà l’anima, la foto non trasmetterà nulla. Oggi siamo invasi da foto insignificanti, scelte perché a fuoco o perché hanno una bella resa grafica, dei bei colori. Queste foto non hanno anima, durano un attimo e non rimangono, fanno schifo insomma;
MB: quando hai deciso di abbracciare la fotografia e perché praticarla proprio in ambito musicale? Immagino che la cosa abbia a che fare col tuo passato da chitarrista blues e che tutto sia nato da un tuo antico amore per la musica…
RP: io e il tempo non andiamo d’accordo: litighiamo. Forse me la prendo con i tanti anni usati per suonare la chitarra, per i tanti concerti a cui ho assistito senza macchina fotografica, per i tanti incontri con musicisti internazionali famosi senza sapere di essere un fotografo. Me la prendo con studi fatti in marketing, per gli anni di università trascorsi senza aver capito che, invece, avrei dovuto fotografare. Ad ogni modo, sto invecchiando bene; sono più saggio di quando scrissi quelle cose quindi, ultimamente, provo a seguire l’ipotesi che il tempo, in realtà, non esista: Che sia solo una congettura da noi creata e che il futuro non esista, così come il passato e il presente. E alcune fotografie hanno proprio il dono dell’immortalità, rinascono dopo anni che le hai scattate agli occhi di chi le vede per la prima volta e non muoiono. Stanno lì e se ne fregano di che ore sono e continuano ad emozionare. Sempre!