The B. Christopher Band - Snapshots From The Second Floor - Macallè Blues

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The B. Christopher Band - Snapshots From The Second Floor

Recensioni

Il disco raccontato da...

B. Christopher

The B. Christopher Band

"Snapshots from the second floor"

Guitar One Rec. (USA) - 2022

All twisted up/Where you at/Sugar baby/Talk to me/Take it home/Who you gonna turn to now/Something's wrong/Late night crying/Deep dish grit/Ain't that cold/Like a fool/Thirty years/Smoke
 
Affinché un artista possa raccontare, con onestà, la propria storia, l'abilità tecnica non è sufficiente. La vera storia è nella convinzione con cui la si racconta. E B. Christopher ne è un esempio. Chitarrista di grande tecnica e dal fraseggio assai abile, capace di un inusuale senso dell'equilibrio tra melodia, virtuosismo, composizione e improvvisazione, queste sue capacità hanno saputo attirare con naturalezza quella schiera di musicisti di alto rango che, disco dopo disco, lo hanno accompagnato: Jerry Portnoy, Nathan East, Anton Fig, Shawn Pelton, Bruce Katz, Studebaker John.
Malgrado una discografia complessiva che vanta già sei titoli all'attivo, come la maggior parte dei compositori duri e puri, B. Christopher non è un nome poi così familiare; almeno qui da noi. Del resto l'aver dedicato buona parte della propria carriera a ricoprire il ruolo di autore di musiche per cinema e televisione non ha favorito la notorietà tra i normali fruitori del blues. Tuttavia, quest'ultimo lavoro ha i numeri giusti per poter rappresentare una buona occasione per un rilancio, anche da questa parte dell'oceano
Nell'intervista che segue, con B. Christopher abbiamo parlato proprio del suo ultimo Snapshots From The Second Floor.....

 
 
Macallé Blues: prima di tutto, facciamo le presentazioni e, a beneficio di quanti non avessero famigliarità col tuo nome, raccontaci qualcosa di te e della tua storia…..
B. Christopher: l'inizio della mia storia musicale è stato piuttosto tipico. In principio, ho fatto parte di una, per così dire, band da bar che si esibiva a livello locale. Poi, verso i trent’anni, sono stato a lungo in tournée suonando ovunque. Un bel giorno, ricevetti una chiamata; mi chiesero di scrivere della musica per uno show televisivo. Lo feci e la cosa ebbe un tale successo che mi trovai, improvvisamente, ad affrontare un percorso diverso rispetto a quello della maggior parte degli altri musicisti. Mi resi conto abbastanza rapidamente che avevo davvero talento per fare quel tipo di lavoro. Era il 2002. Ho suonato dal vivo ancora per un bel po' di anni, ma poiché le opportunità di scrivere musica per film e TV continuavano a crescere, la mia attenzione si è spostata del totalmente su quell’attività. Così, nel 2012, smisi di suonare dal vivo. La mia musica è stata utilizzata per programmi televisivi in oltre trenta paesi e per centinaia di spettacoli. È stata davvero una bella esperienza!
MB: giusto per dare ai nostri lettori un’idea, mi verrebbe da dire che “Snapshots From The Second Floor” è fondamentalmente un album di blues elettrico tradizionale con un ‘feel’ moderno, dove l’affilata chitarra che si ascolta nell’intero disco gioca assolutamente il ruolo principale. Se dovessi trovare un termine di paragone direi che è una chitarra che spesso ricorda il modo di suonare nervoso, pungente e intenso di Buddy Guy; sei d’accordo?
BC: mi è sempre piaciuta la musica di Buddy Guy. Ricordo vividamente la prima volta che ho ascoltato il suo Damn Right I Got The Blues. Non riuscivo a credere a tutta quell'inquietudine che sentivo in quel disco. Quando ho cominciato ad approfondire la conoscenza del blues cercando di andare oltre i più noti musicisti blues/rock come Stevie Ray Vaughan, George Thorogood o Gary Moore, Guy è stato uno dei primi artisti blues che ho incontrato. Il suo approccio allo strumento e al genere è così esplosivo, così dinamico nella sua capacità di passare da un sussurro a un urlo in un istante, senza soluzione di continuità. Una delle mie canzoni preferite di Buddy Guy è Keep It To Myself. Quindi accetto volentieri questo tuo paragone;
MB: quali sono stati i musicisti che ti hanno ispirato di più all’inizio e che pensi abbiano contribuito a costruire le fondamenta di ciò che oggi sei come musicista?
BC: sono tanti i chitarristi blues che hanno influenzato il mio modo di suonare. All'inizio,  ero molto interessato a Stevie Ray Vaughan ed Eric Clapton. Negli ultimi anni ho cominciato ad apprezzare molto Elmore James, Matt “Guitar” Murphy e John Lee Hooker. Poi, parlando di nomi più contemporanei, Michael Powers è uno che ha avuto un impatto enorme su di me. L'ho visto suonare almeno cento volte in piccoli blues clubs di New York. Nei miei anni più formativi, andavo ad ascoltarlo regolarmente. Non credo di aver mai visto un altro musicista così sciolto come lui. Sono stati tanti chitarristi dai quali, nel corso degli anni, ho preso a prestito licks ma, con il senno di poi, devo dire che Michael Powers e Clapton sono i due che hanno avuto l'influenza maggiore e più duratura sul mio modo di suonare;
MB: come è stato per i tuoi precedenti album, nei quali hanno suonato luminari del genere come il maestro dell’Hammond Bruce Katz, l’armonicista Jerry Portnoy, lo stesso Michael Powers, il batterista Shawn Pelton giusto per nominarne alcuni, ancora una volta, in questo nuovo disco, hai radunato un gruppo di musicisti di prim’ordine…..
BC: sono stato molto fortunato a poter fare dischi accompagnato da così grandi talenti. Lavorare con i musicisti che hai citato, oltre ad altri come Anton Fig, Kenny Aronoff, Nathan East, Stu Hamm e Andy Snitzer, è un privilegio raro. Nel penultimo disco come in questo, Anton Fig ha suonato la batteria in tutte le tracce, così come nella maggior parte dei due dischi precedenti. Quindi è stato il mio batterista per ben quattro album. Lavorare al livello in cui questi musicisti lavorano è davvero stimolante; mi spinge a dare il meglio di me. Questi ragazzi erano miei idoli quando ero giovane. La possibilità di registrare dischi con persone che mi hanno influenzato è un fortuna che non do per scontata;
MB: in barba alla regola secondo la quale il blues sarebbe un genere dove il testo gioca il ruolo principale mentre la musica, più che altro, ne sottolinea anche emotivamente il significato, in questo album una buona metà dei brani sono strumentali. Questa è una scelta inusuale e coraggiosa e, devo dire che, laddove il pezzo è strumentale, non si avverte affatto la mancanza di un testo perché è la chitarra, anziché una voce, a raccontare la storia…..
BC: io mi considero fondamentalmente uno strumentista. La maggior parte del mio lavoro registrato è puramente strumentale. Nonostante il blues rappresenti la mia ‘comfort zone’, ho sempre amato Joe Satriani. Tecnicamente, è un chitarrista eccezionale, ma è nelle sue melodie che mi identifico davvero. La sua capacità di scrivere una canzone che non ha bisogno della voce è stimolante. Adoro il fatto che la chitarra sia in grado di sostituire il cantante. Un buon brano strumentale è, di fatto, una canzone ben arrangiata con parti ben definite. In ambito blues, Freddie King ne è stato un vero maestro, come ogni amante del genere sa. Per decenni, ho studiato i musicisti più bravi a far questo. E quando dico che li ho studiati, non intendo solo dire che li ho ascoltati molto, ma che li ho letteralmente sezionati cercando di carpirne i segreti per applicarli al modo in cui io suono e scrivo musica. Un altro ottimo esempio di quanto possa essere d'impatto la musica strumentale è il genere surf;
MB: insieme alla chitarra, un altro strumento che in “Snapshots From The Second Floor” beneficia di molto spazio è l’armonica, qui suonata dal leggendario Studebaker John Grimaldi…..
BC: io adoro l’armonica; aggiunge un colore che sentivo di dover assolutamente inserire in questo disco. Volevo un approccio più spoglio rispetto all'ultimo album blues che ho fatto, dove regnavano le tastiere e un bel po' di fiati. Quella di Studebaker John è stata la scelta perfetta per questo album. Sono sempre stato un fan della sua musica. Amo anche il suo modo di suonare la chitarra e di cantare, così grintoso ed emotivo. John ha una conoscenza e una comprensione profonde del blues che penso derivino dal suo essere di Chicago e dall’aver visto tante grandi band dal vivo. Mentre l'album veniva mixato, credo di aver esclamato almeno una dozzina di volte "abbiamo trovato l'armonica giusta!". Sono così contento del contributo che ha saputo dare all'album;
MB: i brani cantati, invece, sono interpretati da E.J. “Moose” Boles, vocalist che si rivela estremamente muscolare e appassionato…..
BC: se fossi un cantante vorrei cantare come “Moose”. Vent'anni fa eravamo nella stessa band. Abbiamo suonato in tutti gli Stati Uniti e in Canada. Abbiamo fatto molti concerti e percorso molte miglia assieme. Poi ci siamo persi per diversi anni, ma ci siamo ritrovati nel 2019 quando abbiamo realizzato l'album Two Rivers Back. È il cantante giusto per me e ho sempre pensato che, musicalmente, tirassimo fuori il meglio l'uno dall'altro. “Moose” canta come io lo sento nella mia testa; anzi, meglio. È un cantante autentico, sotto tutti i punti di vista;
MB: se diamo un’occhiata alle canzoni direi che “Where You At” è in assoluto la prima che mi colpisce secco. Il suono della chitarra è così liquido che potrei essere portato a dire che, lì, stai suonando slide ma, sebbene tu effettivamente usi la ‘slide’ qua e là nel disco, non sono così sicuro che, in questo caso, si tratti davvero di una chitarra suonata ‘slide’….
BC: in effetti, c'è una chitarra slide, ma come ritmica. Mentre gli abbellimenti e gli assolo non sono suonati slide. Io credo che la chitarra blues e la musica blues, in genere, nel suo insieme possano sembrare semplici all’apparenza. Ma i bravi musicisti sono quelli in grado di manipolare davvero le note e di imprimerci le proprie personali impronte. Questa è la parte veramente difficile. È l’equilibrio tra tensione e relax a rende interessante il gioco. Puoi davvero sentire quando un musicista fa sul serio e conosce quello che suona. La maggior parte della mia musica preferita contiene momenti di vera tensione musicale. Non dissonanza, ma tensione. Quel tipo di tensione momentanea che sembra destinata a sgretolarsi da un momento all'altro, ma non è così. Un senso di scioltezza e sicurezza era ciò che volevo ottenere per questo brano. Volevo desse l’idea di un treno che usciva dai binari, senza uscirne sul serio, un qualcosa di emozionante;
MB: c’è anche un qualcosa che mi ricorda Albert Collins…..
BC: adoro Albert Collins! Penso che, nel mondo della chitarra, sia stato immeritatamente sottovalutato. Il suo modo di suonare era così agile e personale. Il suo approccio alla chitarra così unico. Era uno di quei rari musicisti speciali tanto era pungente il suo suono. Ad un rapido ascolto, era ovvio che fosse lì per suonare e che facesse sul serio;
MB: Late Night Crying” sembra, invece, qualcosa uscito da un disco di Muddy Waters, ma riletto con una più moderna sensibilità…..
BC: è il classico blues lento in dodici battute. Un piatto di sola carne e patate senza contorno: niente di speciale. Questo brano, però, si regge su una grande performance da parte di tutti i musicisti della band; con una interpretazione vocale molto incisiva e un’armonica intrisa di autenticità blues. Si tratta di mettere insieme le persone giuste e poi togliersi di mezzo per lasciarle suonare. E, come tutti sappiamo, Muddy Waters è stato un maestro nell’assemblare grandi band. I membri della Muddy Waters Band erano un Who's Who del Chicago Blues. Pensa soltanto a tutti gli armonicisti che sono usciti da quella band...mio Dio! Muddy ha scritto la Bibbia del blues elettrico per quanto mi riguarda. Muddy ed Elmore James sono due tra i miei preferiti. Certo ce ne sono altri, ma quei due mi parlano davvero;
MB: Ain’t That Cold”, invece, ricorda un po’ un boogie alla John Lee Hooker…..
BC: questo brano era nato per la TV, in realtà. John Lee Hooker è assolutamente uno dei miei artisti preferiti di sempre. Il suo modo di suonare racconta una visione unica del blues. Nessuno suona come Hooker! Tutti possiamo suonare un boogie, ma non sarà mai come il suo. Adoro il fatto che lui non si sia mai sentito legato alla forma delle classiche dodici battute. Ci vuole coraggio per suonare un blues a diciassette battute come faceva lui. Io non ho quel tipo di coraggio. Suona così naturale quando lo fa lui ed è così incredibile. La sua musica è una delle più profonde e sporche che abbia mai ascoltato. È una musica che parla di tensione!
MB: il disco si fa acustico solo con la breve traccia finale dove il tono diventa più intimo, il ritmo rallenta e la sola chitarra ‘slide’ presente restituisce un’atmosfera agreste e campagnola…..
BC: sì, il titolo della canzone è Smoke. Ho suonato molto la chitarra slide in quest’album. Adoro il suono di quel tubo di metallo che viene trascinato su e giù le corde; apre la scena a tante possibilità. Il brano l'ho registrato, durante il lockdown, in un giorno in cui aveva straordinariamente nevicato all'inizio di maggio. Mia moglie e io non vedevamo l'ora che il tempo si mettesse al buono, le temperature si alzassero per poter uscire di casa e, invece, ecco improvvisamente e inaspettatamente arrivare qualcosa come quattro pollici di neve. Tra le restrizioni dovute al Covid e il clima, era tutto così demoralizzante. Penso che questo ultimo pezzo catturi perfettamente quell'immagine. Anche se suona molto southern, è stata la reazione diretta a una tempesta di neve arrivata fuori stagione. Questo è uno dei miei brani preferiti dell'intero album;
MB: in chiusura, potremmo riassumere dicendo che “Snapshots From The Second Floor” è un album coinvolgente, con un fantastico lavoro di chitarra e una band vincente?
BC: apprezzo le tue parole gentili; è sicuramente un album di cui vado orgoglioso. Come ho detto prima, si tratta di mettere assieme le persone giuste e quindi sperare, con loro, di riuscire a catturare qualcosa di autentico. Direi che abbiamo realizzato un buon disco di blues con un proprio carattere. Non vuole essere, in alcun modo, un tentativo di reinventare il blues, ma solo la nostra personale rilettura del genere.

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